LA FONTE DELLA VITA     

                                                                                                         25 OTTOBRE 2006

 

 

Quando nelle lontanissime epoche geologiche gli animali ancora non esistevano e l’uomo era solo un sogno da venire, le piante iniziavano il loro faticoso cammino evolutivo.

Nell’antichità l’uomo guardava il mondo delle piante ed i suoi fenomeni, che non sapeva spiegare, con timoroso rispetto perché esso era ritenuto emanatismo delle divinità; a questo riguardo gli antichi Egizi dicevano che più degli uomini gli animali sono vicini agli dei, più vicino degli animali lo sono le piante e più vicino delle piante lo è la Terra, la grande Madre Terra.

 

Emblematiche a questo proposito sono le celebrazioni liturgiche della Robigalia nell’antica Roma pagana, ispirate dalla liturgia greca: si trattava di grandi feste propiziatorie che avevano luogo ogni anno nel mese di Aprile, celebrate per placare la dea Robigo che altro non era se non la ruggine dei cereali, dato che secondo le usanze pagane venivano ammessi nell’Olimpo anche gli spiriti malvagi; tale era ritenuta la ruggine dei cereali, in quanto tremendamente dannosa per le messi dei domini romani, tanto da essere definita “maxima segetum pestis”.

 

I nostri antenati ci hanno tramandato attraverso i secoli rari testi sulle piante; questi scritti ne descrivevano sostanzialmente il loro uso nell’arte agricola e le virtù medicamentose.

Ciò era dovuto al fatto che nei tempi remoti non era ancora nella coscienza umana l’idea che per mezzo della ricerca e dell’osservazione si potesse arrivare a conoscere il mondo delle piante e di riflesso comprendere i fenomeni e le leggi che lo governavano. Dal IV secolo, difatti, compaiono scritti che affrontano nella loro maggioranza l’argomento dell’agricoltura dal punto di vista dell’importanza alimentare e quello dell’erboristeria dal punto di vista curativo. Ne sono un esempio i trattati di Teofrasto (372 – 284 a.C.), allievo di Platone, relativi alle sue osservazioni filosofiche sulle piante; di Marco Porcio Catone (234 – 149 a.C.), tipico rappresentante dell’antico romano “agricoltore – guerriero”, autore del più remoto libro di prosa latina giunto a noi, il “De Agri Cultura”; del famoso Dioscoride Pedanio (I sec. a.C.), medico e farmacologo greco, autore di un trattato da cui gli studiosi attinsero per quattordici secoli in cui descrisse ampiamente anche le proprietà medicamentose delle piante; di Lucio Giunio Moderato Columella (I sec. a.C.), autore del trattato sull’agricoltura De Re Rustica, opera in dodici volumi riguardante le colture dei campi, delle piante e l’allevamento degli animali; di Plinio Secondo (Caio) detto “il Vecchio” (23 – 79 d.C.), scrittore romano enciclopedico, autore dell’opera in trentasette volumi “Naturalis Historia”, il quale passò alla storia con l’appellativo di “Plinio il Naturalista”. In realtà egli fu essenzialmente un compilatore degli scritti dei suoi predecessori, dai quali attinse tutte le notizie possibili svolgendo una consultazione monumentale. Rimane quindi questo il merito fondamentale di Plinio il Vecchio, senza le cui trascrizioni pregiate opere antiche non sarebbero giunte fino a noi.

Solo all’inizio del XVI secolo ci fu un magnifico risveglio nell’ambito delle scienze naturali e finalmente un vero botanico: Andrea Cesalpino, medico aretino (1519 – 1603). Egli iniziò una classificazione scientifica delle piante basata sullo studio della formazione di fiori e frutti. Nell’anno 1583 in Firenze pubblicò il noto “De Plantis” in sedici volumi, il primo reale trattato di botanica. Il sommo naturalista Georges Curvier (1769 – 1832) definì il “De Plantis” una grande e geniale opera scientifica.

 

Andrea Cesalpino fu infatti un vero scienziato. Prima di lui le piante erano - più che studiate - osservate in rapporto alle diverse applicazioni pratiche che se ne potevano ricavare; egli invece le studiò in modo “caratteriale”. E’ ovvio che oggi i suoi studi possono apparire superati ed in parte errati, ma è doveroso ricordare che Cesalpino fu il precursore di intuizioni geniali, come il fenomeno dell’“osmosi radicale”, della “circolazione della linfa” e del “calore naturale delle piante”.

Sulla scia di Cesalpino emersero molti altri botanici, fisiologi, fitopatologi, chimici, microbiologi, genetisti, tra cui - per citarne alcuni - Marcello Malpighi (1628 – 1694), medico e biologo bolognese, illustre anatomista, detto “il padre dell’istologia”, che nel capitolo “De plantis quae in aliis vegetant” della sua opera “Anatome” (1675) descrive alcuni “ifali” fra cui sono riconoscibili un “Rhizopus” e un “Penicillium”; Pietro Antonio Micheli (1697 – 1737), botanico fiorentino, Prefetto dell’orto botanico di Firenze, autore dell’opera “Nova plantarum generia”; Giovanni Targioni Tozzetti (1712 – 1783), capostipite della grande famiglia di naturalisti toscani, che nel 1767 con la sua “Alimurgia” diede un grande impulso al progresso scientifico della microbiologia ed è considerato un moderno cultore nel campo della fitopatologia; Julius Sachs (1832 – 1897), fisiologo tedesco, considerato il precursore della botanica moderna.

Nel XX secolo la biologia ha compiuto rapidi e notevoli progressi. Il movimento scientifico che ha realizzato e consolidato grandiose evoluzioni in tale ambito si è affermato grazie agli istituti tecnici, scientifici e sperimentali dei Paesi ove si seguono e si migliorano con rigore e con metodo le differenti fasi del ciclo biologico delle molteplici specie di piante terrestri.

Le testimonianze giunte sino a noi dall’antichità ad oggi ci insegnano quanto il mondo delle piante sia stato temuto, amato, esaminato. Ma nonostante gli interventi antropici - e più in generale gli interventi per opera della natura stessa - sia positivi che negativi a causa dei quali nei millenni il mondo delle piante ha subito innumerevoli modificazioni, esso ha mantenuto fedelmente le sue origini e per questo, più degli animali e dell’uomo, le piante possono dirsi vicine alla “Fonte della vita”.

 

 

 

 

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