L'ALBERO E L'UOMO     

                                                                                                     20 NOVEMBRE 2006

 

 

Il mondo degli alberi, come il mondo degli uomini, combatte fin dalla sua nascita una dura lotta per la vita: entrambi sono popolati da esseri generosi e prepotenti, benefici e malefici, virtuosi e dissoluti, altruisti ed opportunisti, poveri e ricchi.

Tutto questo ci porta ad amare di più queste “creature verdi” che sulla Terra dividono con l’uomo il grande mistero della vita.

 

Nell’antica Grecia vi era la forte convinzione che esistesse un intimo e misterioso rapporto tra gli alberi e gli dei, per cui le persone che osavano arrecare danno od oltraggiare un albero avrebbero scatenato la collera delle divinità e sarebbero state da esse tremendamente punite.

 

Gli antichi Romani hanno dedicato agli dei molti alberi maestosi: a Giove la Quercia, a Marte il Frassino, a Morfeo l’Olmo, ad Apollo l’Alloro, ad Iside il Salice, a Nettuno il Pino Marittimo, a Plutone il Cipresso, alle Muse il Pioppo bianco, alle Furie il Tasso.

 

 

 

 

Ogni Paese ama da tempo immemorabile i propri alberi: in Inghilterra, presso Binfield, era venerato il Faggio del grande poeta Alexander Pope (1688 – 1744).

 

 

 

 

 

 

 

In Francia si può ammirare il Cedro del Libano piantato da Bernard de Jussieu (1699–1777), componente della famiglia francese chiamata la “Dinastia botanica”; si dice che ricevette tale pianta da Londra e la trasportò in un cappello nel “Giardino delle piante” di Parigi.

 

 

 

 

In Svizzera, nel Cantone di Friburgo, è celebre il Tiglio di Morat, pianta che commemora la battaglia del 1476 in cui le truppe guidate dai Bernesi ottennero una vittoria schiacciante contro Carlo il Temerario (1433 – 1477), duca di Borgogna, figlio di Isabella di Portogallo.

Questo “monumento naturale” è purtroppo finito in maniera indegna della sua fama e vetustà: nel 1983 un automobilista ubriaco vi si schiantò contro, ma ciononostante il Tiglio di Morat viene celebrato ogni anno nella prima domenica di ottobre con la corsa Morat – Friburgo a cui partecipano circa ottomila sportivi.

 

 

 

 

 

 

In Turchia, a poca distanza da Costantinopoli, era celebre il Platano di Goffredo di Buglione (1060 – 1100), albero cantato da Torquato Tasso (1544 – 1595).

 

 

 

 

 

 

A Bahia, stato orientale del Brasile, nella cittadina di Santa Maria il famoso naturalista e geografo tedesco   Alexander Humboldt (1769 – 1859) all’inizio del 1800 appese sul tronco di un Cipresso una targa in rame che ne indicava l’età; questa targa è stata ricoperta dalla crescita della corteccia, pertanto ai piedi di questa pianta è stato collocato un cartello con la scritta “Questo è l’albero più vecchio del mondo”.

 

 

 

A Neustadt An der Weinstrasse, città della Repubblica Federale Tedesca, nel 1930 esisteva un Tiglio dell’età di oltre settecento anni, i cui grossi rami erano sostenuti da pilastri.

 

 

 

Anche nel nostro Paese gli alberi famosi furono una moltitudine, tanto che solo elencarne i più vetusti ed importanti comporterebbe un interminabile elenco. Ricordiamo quindi fra essi una parte degli alberi descritti da Plinio: il vigoroso Leccio di Roma venerato dai Romani, il celebre Olivo piantato da Ercole in un campo di Olimpia e l’Olivo che la lancia di Minerva fece sorgere dal suolo quando fu fondata da Cecrope la città di Atene.

 

 

 

Alberi storici appartengono anche alla fede: nei dintorni di Parigi, nella cittadina di Vincennes, S. Luigi di Francia parlava di Dio ad una folla di fedeli all’ombra di una maestosa Quercia; l’Arancio della chiesa di Santa Sabina a Roma fu piantato da S. Domenico; i Romani venerarono a S. Onofrio la Quercia del Tasso.

 

 

 

 

Molti stranieri e pochi italiani conoscono il “Castagno dei Cento Cavalli”, vetusto e colossale albero  che sorge in Sicilia a Sant’Alfio, alle falde dell’Etna.

Don Giuseppe Recupero (1720 – 1778), celebre abate naturalista catanese, così lo descrisse nella sua Storia Naturale e Generale dell’Etna: “La figura esterna del nostro Castagno è una ellissoide, il suo diametro maggiore è da Tramontana a Mezzogiorno, ed il minore da Ponente a Levante. L'esterna sua circonferenza misurata a fior di terra è di palmi duecento ventisei...Pare che qualche turbine, o altro accidente abbia rotto quest'arbore; ma vi ha contribuito anche la mano dell'uomo; restando ancora visibili i colpi di scure. ....Cosicché tutto il divisato fusto è diviso per le menzionate aperture in tanti pezzi, o segmenti, che vengono tutti a corrispondersi esattamente, onde l'occhio da per se stesso riconosce essere un solo ceppo...Nel concavo di questo gran pedale a lato dell'apertura di Levante vi è fabbricata una capanna, ove si ripongono le castagne; al fianco opposto vi è un forno capace di cuocere un tumulo di pane; e nel mezzo vi è una casa fabbricata a secco... lunga ventidue palmi da Tramontana a Mezzogiorno, larga quattordici. Nell'ultima visita, che feci a questo nobilissimo Castagno l'anno 1766, ritrovai la casa molto deteriorata”. Vennero fatte numerose ipotesi che non si trattasse di un singolo albero, bensì di parecchi alberi piantati insieme e vicinissimi tra loro cosicché ingrossandosi si erano uniti formando quel tronco smisuratamente grosso; l’abate Recupero a tal riguardo riferì quanto segue: “mi sono inoltrato sino alla prova più evidente e decisiva con aver fatto scavare intorno tutto il pedale, che alla profondità di due palmi ho trovato tutto intero, unico senza verun segnale di unione.

 

 

 

 

La tradizione spiega il nome “Castagno dei Cento Cavalli” adducendo molteplici leggende, tra le quali la più citata a interpretazione della sua origine  pare essere legata alla regina Giovanna di Napoli. Si narra che durante una battuta di caccia sul monte Etna la regina Giovanna fu sorpresa da un minaccioso temporale e  trovò riparo ai piedi dell’imponente pianta. Il Castagno era talmente monumentale che diede protezione non solo alla regina ma a tutto il suo seguito: un centinaio fra cavalieri e dame.

 

 

 

 

 

Riteniamo interessante terminare questa breve disquisizione sull’antico ed indissolubile legame tra l’albero e l’uomo riferendo quanto Giuseppe, figlio prediletto di Giacobbe, osservò parlando di un albero: “Esiste nelle vicinanze di Hebron (antica città della Palestina) un vecchissimo albero il quale già esisteva al tempo di Adamo”.

 

 

 

 

 

Back