BOSCHI E FORESTE     

                                                                                                      25 GENNAIO 2007

 

 

Nell’antichità i boschi erano “templi sacri” ed i giganteschi alberi che li popolavano dei “monumenti”. In questi boschi venerati i nostri progenitori celebravano i loro riti e sacrifici religiosi.

Prima della fondazione di Roma l’Augure (l’interprete del volere degli dei) benediceva i “Luchi” (boschi sacri alle divinità) e con solennità li consegnava al sommo sacerdote, il “Pontifex maximus”.

Erano sacri anche i boschi che attorniavano le sorgenti ed a questo proposito Seneca Anneo il Vecchio (circa 50 a.C.), storico e grande oratore, padre del famoso filosofo e poeta latino Seneca Lucio Annone, scrisse: “Noi veneriamo le sorgenti dei fiumi e, ovunque da oscura caverna scaturisca larga fonte, sono collocati alberi". Ogni fonte d’acqua e fiume quindi era circondata da sacri boschi, dentro i quali vegliavano i geni delle acque.

 

 

 

Di alberi sacri erano cinti i sepolcri e, seguendo un’antica legge etrusca, i poveri che non possedevano una tomba dovevano essere tumulati in un’ombrosa foresta di Cipressi; ancora oggi i Cipressi ombreggiano le tombe dei nostri cari e rappresentano dunque un retaggio degli antichi Romani.

 

 

 

 

 

 

 

La storia ci ricorda famose foreste antiche, come la Foresta Nera e la Foresta delle Ardenne, dominate dal culto religioso dei Celti.

Uno dei loro riti caratteristici riguardava la raccolta del vischio sui tronchi delle vecchie querce.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sui colli di Roma eterna i boschi erano consacrati alle divinità; tra gigantesche querce sul Campidoglio sorgeva il Tempio di Giove.

 

 

 

 

Nel Medioevo l’ombra delle grandi piante era invocata a proteggere la santità delle comunità rurali ed a tutt’oggi, in certe regioni del nostro Paese, sopravvive qualcuna di quelle piante il cui abbattimento era ritenuto un atto sacrilego.

 

 

 

Di questi boschi consacrati alle divinità è sopravvissuto il bosco sacro sulla via Appia , famoso nella storia perché i sacerdoti di Cesare Vi innalzavano in offerta alla bionda dea delle messi preghiere ed offerte propiziatorie per i raccolti.

 

 

 

 

 

La storia ci ricorda famose foreste antiche, come la Diomedea sotto il Carso, popolata da grandi Platani; la Lupanica che dall’Isonzo si estendeva fino al Livenza; il vasto e paludoso querceto di Modena; la foresta Litanica, presso Bologna; la foresta Ciminia, nell’Etruria; l’ampia foresta Arsia nel Lazio; la Gallinaria, densa foresta di Cipressi nei pressi di Cuma; l’immensa foresta della Sila , che si estendeva per oltre 100 km in prossimità di Cosenza, formata da abeti, pini, faggi, frassini e pioppi, tutte piante lussureggianti rese floride dagli abbondanti corsi d’acqua che in essa scorrevano. Dalla foresta della Sila i Romani attinsero abbondantemente il legname per costruire le navi della grande flotta imperiale.

 

 

 

Dove oggi si trova la città di Torino nel passato esisteva una grande e fitta foresta che scendeva dalle Alpi ed invadeva l’intera pianura padana. Da Parma a Venezia boschi di querce, aceri, abeti e pini ombreggiavano e proteggevano l’intero territorio. Dove ora vi sono Perugia e Chiusi nei tempi passati erano famose le abetaie che fornirono ai Romani le travi per costruire le catapulte con le quali espugnarono Cartagine.

Dall’Appennino scendevano fitti boschi e tra essi fertili colline ricche di piante da frutto, vigneti, campi di grano ed ampi pascoli: questa era la bella Toscana nel passato.

 

La Sicilia era un immenso bosco e le falde dell’Etna fornivano all’Impero Romano grandi quantità di legno di Quercia e di Cipresso per la costruzione di navi, nonché alloro in abbondanza per i Ludi ginnici.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa in sintesi era l’Italia nel passato: una meravigliosa oasi di boschi e foreste.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il quadro odierno come sappiamo bene è drammaticamente differente. Il disboscamento operato dalla rapacità dei legnaioli, l’incuranza delle autorità e l’indifferenza delle popolazioni hanno impresso nel nostro Paese ferite ambientali insanabili.

Oggi l’Italia mostra tutto lo squallore ambientale ed i gravi problemi derivanti dall’inquinamento atmosferico e dal degrado paesaggistico; dei “paradisi verdi” che qui esistevano è rimasto solo un malinconico e nostalgico ricordo.

Questo è ciò che oggi si può realisticamente affermare di un Paese che nel passato era conosciuto in tutto il mondo come “Giardino d’Europa”.

Al continuo e vibrato monito dei “discepoli” di Haeckel, ovvero gli autentici ecologisti, gli storici - più o meno assonnati perché ancora immersi nel sogno del passato – intervennero per ricordare le antiche splendide foreste che, dissero, rivestivano questo nostro Paese di un manto regale “verde”; a fronte di tutto questo all’inizio del XX secolo le autorità preposte alle problematiche situazioni dei superstiti boschi e foreste furono in grado solamente di istituire la “Festa degli Alberi” e di continuare a permettere l’abbattimento selvaggio di una moltitudine di alberi.

Ora, all’inizio del terzo millennio, non è più tempo di rievocare nostalgicamente il passato senza sapere o volere agire nel presente. Dobbiamo programmare il nostro futuro con progetti radicali volti alla salvaguardia degli esigui boschi e delle rare foreste sopravvissute.

 

 

 

 

 

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